fuoco freddo / disarmonico rogo irrisolta fiamma sul crepuscolo dell’assenza. graffio innevato sul volto asciutto, lingua secca a sfilare infantili dialoghi.
il tuo sangue è un peso immane da portare.
tutto è a capo. il ricordo è un timbro di voce muto che attraversa il pianto come latte versato in questa oscillazione di vita ripiegata fra tempo e resa, scorcio e luce avversa. mentre tutto è a capo, nell’ultima misura che ho di te,secche le pupille si assentano in una rabbia che torna a battere in gola il mio eterno tacere. mai multipla dei miei anni fu la pena. mai tramite fra cielo e terra fu l’anima tua. mai baricentro ad allungarsi sul ponte della mancanza mi fu il giorno dell’addio.
c’è qualcosa di fortemente beato nel dimenarmi fra le ceneri /ripiego nella preghiera ma rinnego ogni somma benedizione/
.mi basterebbe una sola caduta nella notte per non sentirne la superficialità della terra fin sotto la pelle resa superflua.
/scorcio spigoloso al risveglio fino alle assenze oscillanti e liquide fra una vertebra e l’altra/
.mi basterebbe sentirmi in ripida ascesa una traccia spaiata ad un bivio una bianca sovraesposizione di condensa che nella sua caduta finale perde il suo andare.
vorrei riuscire a dissolvermi nella bramosia rabbiosa della tua bocca . vorrei riempire il tuo calice di ardita a scintillante piena . vorrei appagare la distanza dei tuoi occhi e galleggiare fra le gocce di sudore che ondeggiano dalla tua fronte alla mia . vorrei…essere quella carne viva che non trova una scorciatoia per entrare in te .
vorrei essere quella divisione oscura che diventa follia intrecciata alle mani e poi alla lingua compiacente e ancora nella forma inesausta un pezzo di cartilagine incompleto vibrante come una corda tesa sul punto di spezzarsi . vorrei essere quel rischio che rumoreggia e nel silenzio della notte accorgermi che il desiderio di dissolvermi in te si completa con un riflusso di sangue .
è un eterno sepolcro questo oscillare nella notte
un grido che si fa chiodo nella preghiera sospesa
nel disgusto dell’aurora mancante
sono una vittima terrena , un gelo .
mi svuoto ogni volta ma ritorno ammalata
di questo incombente dolore
di questa pelle nera che tracima pena
cenere nera , immediata nella colpa .
fra le mani ho nascosto un rituale
nel petto un requiem da dimenticare
nell’anima un rantolante oblio da adagiare
è un eterno sconfinare questo oscillare nella vita
una commozione che non appartiene al cuore
un intollerabile conseguenza che non fa altro che ripetersi
come lo sguardo rosso di un silenzio che si fa carne .
rimbomba nell’interiore un nome secondario
una equazione d’amore estrema che si esterna
sulla pelle arrancante e fragile , un gelo .
è un eterno purgatorio questo assolato cortile un trionfo di voci che uccidono , come le risa negli arpeggi di un delirio che condanna armonicamente come la salvezza mentre pulso ancora , immediata nella colpa .
aggrappata al senso di una notte cava,loquace quanto basta per zittire il silenzio in quest’Abazia,nutro [spalancandomi il ventre di una fame dal nome vizioso] l’assoluta tenebra che dalla mia stessa riproduzione vince. aggrappata e mai stanca al senso esplicito di questa distruzione, mi rendo carnefice del mio stesso decantato amore, e fra ritratti di volti celesti, ombre assurde prodigiose nei baci, bocche stridenti come arpie fiere, dilato il tempo come pelle d’oblio assiderato dove non mi capacito d’averne ancora, sfibrata come una vesta spaccata. proiettata verso un inferno che alla mia anima appartiene resto dunque ancora qui,sfinita e nuda, nella proiezione più astrale che ci possa essere della dannazione fatta persona .
.cosa ne farò della mia morte.
a fatica sbavo per questa vita
a fatica mi concedo ancora ad essa
.semmai ne fossi certa. berrei dalla mia stessa condensa per riportarmi in un luogo improprio, per sospirare ancora fra questi petali che voi umani tanto amate .
.semmai ne fossi certa. risorgerei anch’io
petalo infetto e linfa vaporosa .
anche la notte sa essere sfrontata
come l’illusione che scroscia fra le pieghe
di un intento solitario .
continuo a versare umori
e lacrime di giada .
la passione
mia disperazione
si fa embolo di fantasie
li dove la lingua
sa affiancare un bacio mancato
e un inevitabile assestamento di attenzione .
e continuo ad ingannarmi di idolatrante utopia
consumando la mia esistenza fra scadenze di affetti e frigide attese . sono come esanime , consumata da questo amore che inevitabilmente è il tuo , un assenzio lussurioso che si fa falso credo fra le preghiere che sul tuo costato invoco .
arrogante messia , padrone del mio amplesso etilico .
ancora una volta mi rendi orfana , senza alibi , di una volontà che mi domina come la sete , o peggio come la fame e il suo caos onnipotente .