nella completa trasparenza, nell’assoluto chiarore. non esigo altro che la tua luce in me, interiore, nell’assolutezza del profondo che si ferma e resta a guardare. ed io mi fermo e come il tempo affondo, e non cerco altra materia per la risalita se non nell’insondabile essenza che è nella somma del mio io nell’esplicito tuo con chiarore e fulgore.
nel logorio restante del tempo, intermezzo all’esistenza, si sfalda come fame sulla lingua asciutta, malizia che fu lama a consumare fame, e nel dilagare di rantoli e spine a pungere, le ore_ madide a fendere come brama irrorata_ mi attraversano roventi e trasversali fino a risorgere cariche ed aride come balsamo di catrame sulla schiena a sciabordare.
ancora una volta la luce. ancora una volta a lasciare tracce d’argilla sul mio corpo interrotto sono i morsi della tua fame, sete a rivitalizzare la pelle, a scuotere i reni dalla corteccia di desiderio nell’inevitabile segmento del dono dell’unione. è la memoria che all’alba si modella come un pozzo di tenebra a riavvolgere le tue mani, le tue dita in un arpeggio di desiderio infinito.
[e resto in bilico
nel mentre divento pane per la tua bocca,
poi sale, frutto di sangue,
artiglio intorpidito
che lascia un graffio errante]
ancora una volta è la luce a darmi sollievo, a inzupparmi di respiro, a sfibrarmi di peso, ad invadermi come un fiume di mendicante piena, incauto, interrotto solo dal sospiro che avverto tagliente sul petto come un battito clandestino, un grido di famelico oblio.
tornare al lamento di certe notti, alla gloria delle macerie sul corpo, a quel consumarsi che si annerisce come un ultimo boccone, come quella fame che non è mai pigra.
tornare a custodire il silenzio senza sosta nella prima luce, sulla soglia di una ragione che fioca annuncia e rintocca come un bacio a lingua piena.
tornare alla pelle rivoltata fresca come un lenzuolo al buio, essere opera acerba di ritorno bianco sale ad accanirsi sulla guarigione di un’anima che perisce fra le solite carezze.
vorrei riuscire a dissolvermi nella bramosia rabbiosa della tua bocca . vorrei riempire il tuo calice di ardita a scintillante piena . vorrei appagare la distanza dei tuoi occhi e galleggiare fra le gocce di sudore che ondeggiano dalla tua fronte alla mia . vorrei…essere quella carne viva che non trova una scorciatoia per entrare in te .
vorrei essere quella divisione oscura che diventa follia intrecciata alle mani e poi alla lingua compiacente e ancora nella forma inesausta un pezzo di cartilagine incompleto vibrante come una corda tesa sul punto di spezzarsi . vorrei essere quel rischio che rumoreggia e nel silenzio della notte accorgermi che il desiderio di dissolvermi in te si completa con un riflusso di sangue .
ti incontro
in quell’altra sequenza
d’orma lasciata in conseguenza
silenziosa per non disturbare
in questo deserto di vita
Orma su Ombra aldilà dell’amore .
ti incontro
dove perdo ogni vincolo con la morale
e mi asseto con il tuo rito di seta
mentre ritorno poi alla luce
fin dove so di potermi perdere
e vincerti in un random di follia
come fa la natura
nella sua più esposta forma .
ti incontro
negli sbalzi del desiderio
chiamati a tecere
come in un atto di fede
mentre mi scivoli addosso
come un peccato che ne preclude la fine .
tuo è un corpo generoso
provoca vertigine [ senza gridare ]
assoluzione e condanna [ senza respirare ]
tuo è il colpo che merito
prima di morire
in questo esistere che mi condanna
alla sola immagine di carne .