_e intorno tutto sembra in disordine, smarrito nei rintocchi del vento che con un riflesso bianco mi richiama a se come fa la sera prima che cada, prima che il brusio dell’assenza avanzi ed io torni a vestire il senso smarrito di tutte le cose
nei tuoi arpeggi lastricati di cera all’ombra del crepuscolo cigolante nel buio, dalle mie inesauste brame sbuffi di reminiscenze dal tuo corpo al mio rantolano come lampi di coito e grida evanescenti, tuoni a deragliare sulla madida pelle travolta dalla codardia dell’indifferenza che nell’abbaglio dell’inganno come una lama imperversa euforica fra i lucernai della pelle gelida d’affranta bruma.
è nel franare fra la lamella intasata della carne che il profondo e ripido solstizio alla vita s’addormenta come nel pieno dell’inverno e giace dimenticato fra le fessure provvisorie di un fuoco che friziona parabola.
la mia è una storia parlata con lingua ferita curva fra il fiato corto e la gola ammutinata di parole come gli intenti alla notte.
la mia è una storia semza ombra un miagolio continuo un gemere che si mozza e morde un corpo senza coda.
la mia [ se posso considerarla mia ] è una vita moltiplicata di nero ed esplode come raglio languido come piega di lenzuolo a lutto.
percorro la rima fragile che si fa corda sul volto/ sciame di ricordo annodato sulle dita puntellate da scatti di dolore/ percorro e corro sulla forma del tempo che raccoglie la tua ombra e, ferma fra le parole che non ti ho mai detto, strofino la corteccia dei miei occhi attraversandomi come un fiume/ nero come l’assenza smisurata che mi riempie al tuo nome.
sono arrivata a nutrirmi di pietre di fuoco freddo, di aride ombre, di sanguigne conseguenze estirpate come radici alla terra. sono arrivata a redimere le mie stesse pene, ad attraversare l’esilio del cielo senza metodo, senza equilibrio , a mani nude, con l’anima incerta e la bocca asciutta. ho tremato accanto agli inverni mentre l’orlo del mio tempo era un incendio a calibrare furore.
e sono arrivata fino a qui, piena di fiamme, cosciente di parole, profonda di stati d’animo mentre tutto fuori scivolata contaminato da aria di tempesta e l’erba era un tappeto di velluto che assorbiva pianto e leggerezza
pensavo al mio corpo, a come è riuscuito a mantenersi in equilibrio fra contraccolpi di questi anni, a come è riuscito a mantenersi in piedi fra le selve oscure, all’abilità del mio petto a non scoppiare. pensavo all’involontarietà della mia vita, alla materia casuale che si è fatto postuma sopravvivenza, valore che come un’ultima bugia si è tagliata palmo palmo restando penitenza pagata senza funebrità e conseguenza. pensavo a quanto è riuscita a refrigerarsi l’anima mia per sopportarsi e trasportare la quantità di pena, preghiera asfissiante come posa fra le mura, corale trauma raggiunto poi in preghiera.
vorrei riuscire a dissolvermi nella bramosia rabbiosa della tua bocca . vorrei riempire il tuo calice di ardita a scintillante piena . vorrei appagare la distanza dei tuoi occhi e galleggiare fra le gocce di sudore che ondeggiano dalla tua fronte alla mia . vorrei…essere quella carne viva che non trova una scorciatoia per entrare in te .
vorrei essere quella divisione oscura che diventa follia intrecciata alle mani e poi alla lingua compiacente e ancora nella forma inesausta un pezzo di cartilagine incompleto vibrante come una corda tesa sul punto di spezzarsi . vorrei essere quel rischio che rumoreggia e nel silenzio della notte accorgermi che il desiderio di dissolvermi in te si completa con un riflusso di sangue .
irrompe il silenzio d’una forma che è uno spruzzo di luce accanto agli occhi ,nera come la seta di un travaglio passionale . si alterna la notte amplificando il giorno in un continuo emergere di abissi con un tempo che si svezza d’oltre in ogni senso concepito . ho le mani libere immerse a toccare quanto accade in questa distesa lucida di fiamme . le colpe sono fresche lenzuola fra i colpi compressi in una ragnatela di fiati che slacciano le parole libere senza voce . irrompe il silenzio in questo ristagno di sogno che veglia i fianchi ancora caldi mentre il nero accanto agli occhi offusca la certezza di un cuore che travasa battiti senza rimpianti mentre è ancora il giorno a clonare le ore silenziose di un amore ritrovato e perduto mentre senza rotta si perde continuamente la notte .
è un eterno sepolcro questo oscillare nella notte
un grido che si fa chiodo nella preghiera sospesa
nel disgusto dell’aurora mancante
sono una vittima terrena , un gelo .
mi svuoto ogni volta ma ritorno ammalata
di questo incombente dolore
di questa pelle nera che tracima pena
cenere nera , immediata nella colpa .
fra le mani ho nascosto un rituale
nel petto un requiem da dimenticare
nell’anima un rantolante oblio da adagiare
è un eterno sconfinare questo oscillare nella vita
una commozione che non appartiene al cuore
un intollerabile conseguenza che non fa altro che ripetersi
come lo sguardo rosso di un silenzio che si fa carne .
rimbomba nell’interiore un nome secondario
una equazione d’amore estrema che si esterna
sulla pelle arrancante e fragile , un gelo .
è un eterno purgatorio questo assolato cortile un trionfo di voci che uccidono , come le risa negli arpeggi di un delirio che condanna armonicamente come la salvezza mentre pulso ancora , immediata nella colpa .
c’è qualcosa di fortemente assente fra me e questo tempo di clessidra . mi sento come la polvere di stelle mancante per essere una magia perfetta concreta piuttosto che granelli di polvere sparsi in quell’inquietudine primordiale che ritrovo fra le provvidenze dei ricordi e la beatitudine sacra
le ore scorrono oblique
come le lancette ferme
sul silenzio di questa casa .
non si allinea più la notte al giorno
come faceva un tempo il tempo
nella sua riluttanza alle intermittenze .
ora mi sembra tutto cosi disfatto
anche la mia ombra
che s’accavalla alle luci stropicciate
di un fare e disfare
che non mi riporta più
sulla frontiera del mio essere arbitrio
del tempo nel tempo
nuovamente frammentato
nella parità della notte
discontinua al giorno
quando tutto tace ed hai a disposizione pochi attimi per confrontarti con l’altra parte di te stessa a malapena riesci ad ascoltare il silenzio che hai dentro e che non rafforza quella emotività che come nel comporre poesia si fa gioia e subito dopo profonda sofferenza. mi siedo accanto alla consuetudine della vita e dalle debolezze cerco certezze ma nulla mi appare se non il vuoto d’aria che mi riempie, così fragile. esposta . indomita . come nuda d’una luna che batte sul cuore ormai freddo atterrito dalla bontà del dolore che mi tocca e ammicca come insaziabile predatore .