_e intorno tutto sembra in disordine, smarrito nei rintocchi del vento che con un riflesso bianco mi richiama a se come fa la sera prima che cada, prima che il brusio dell’assenza avanzi ed io torni a vestire il senso smarrito di tutte le cose
nei tuoi arpeggi lastricati di cera all’ombra del crepuscolo cigolante nel buio, dalle mie inesauste brame sbuffi di reminiscenze dal tuo corpo al mio rantolano come lampi di coito e grida evanescenti, tuoni a deragliare sulla madida pelle travolta dalla codardia dell’indifferenza che nell’abbaglio dell’inganno come una lama imperversa euforica fra i lucernai della pelle gelida d’affranta bruma.
curiosa / deflagrante immediata nel suo intento. impertinente / nutriente nell’onorare l’oblio espropriato alle illusioni di Luce e Vanità.
è meno angusto questo giorno in divenire. è meno parziale nel suo dono inatteso. è colmo di un amore che necessita rima, ammaliante poesia a divincolarsi nel nulla.
pensavo al mio corpo, a come è riuscuito a mantenersi in equilibrio fra contraccolpi di questi anni, a come è riuscito a mantenersi in piedi fra le selve oscure, all’abilità del mio petto a non scoppiare. pensavo all’involontarietà della mia vita, alla materia casuale che si è fatto postuma sopravvivenza, valore che come un’ultima bugia si è tagliata palmo palmo restando penitenza pagata senza funebrità e conseguenza. pensavo a quanto è riuscita a refrigerarsi l’anima mia per sopportarsi e trasportare la quantità di pena, preghiera asfissiante come posa fra le mura, corale trauma raggiunto poi in preghiera.
volevo renderti bianco un libro aperto , un’anima senza parola chiave .
volevo renderti la mia di parola nuda , disconosciuta , un ticchettio nelle ore ferme .
volevo renderti il mio mese preferito una risata capovolta , un’affinità senza fine . volevo renderti pace dopo la guerra , una persona combattente , vincente accanto alle mie guerre perse .
volevo renderti il mio muro del pianto , casa dalle finestre aperte , cortile con gli alberi sempre in fiore .
volevo renderti prezioso fra le cose smesse un respiro , un fiato appena , una briciola di vita , il verbo infinito nella bocca mia .
la pelle si spezza
tesa fra gli avverbi celati
muti e mutevoli
negli incontri che si scontrano
come un confronto empatico
tra la lingua e gli occhi .
è un desiderio necessario
l’altrove , scintilla che punge
ma non ne riproduce il dolore .
tesa ,fuori da ogni controllo ,
una patina di zucchero
che non riesco a dilatare .
assecondo il richiamo
di piccole stille rosse
frapposte sul tacere
di un suono che si fa contrasto
con il corpo che ebbi
e l’anima che fui .
dis_imparo ogni volta
ad ogni nuova vita .
dove le ombre tacciono
i miei occhi ammiccano .
incontrollato è il sangue
che urla sulla polvere accumulata .