nel logorio restante del tempo, intermezzo all’esistenza, si sfalda come fame sulla lingua asciutta, malizia che fu lama a consumare fame, e nel dilagare di rantoli e spine a pungere, le ore_ madide a fendere come brama irrorata_ mi attraversano roventi e trasversali fino a risorgere cariche ed aride come balsamo di catrame sulla schiena a sciabordare.
negli sconfinati giochi d’ampiezza in possibili labirinti. in isole di parole perdute e àncore lasciate andare. nella vaghezza del cercarsi nella tensione dell’amore, riemergendo ogni volta fra le rivelazioni dell’essenza, nel germinare come fuochi e poi congedarsi all’aria, Noi, nascosti dentro schegge di comete in spazi indefiniti, luci capovolte e misteriose dalle forme nuove, ci lasciamo andare fin dove d’inchiostro si scrive il mare, inabissati nella stessa voce orfani di maestrale.
ancora una volta la luce. ancora una volta a lasciare tracce d’argilla sul mio corpo interrotto sono i morsi della tua fame, sete a rivitalizzare la pelle, a scuotere i reni dalla corteccia di desiderio nell’inevitabile segmento del dono dell’unione. è la memoria che all’alba si modella come un pozzo di tenebra a riavvolgere le tue mani, le tue dita in un arpeggio di desiderio infinito.
[e resto in bilico
nel mentre divento pane per la tua bocca,
poi sale, frutto di sangue,
artiglio intorpidito
che lascia un graffio errante]
ancora una volta è la luce a darmi sollievo, a inzupparmi di respiro, a sfibrarmi di peso, ad invadermi come un fiume di mendicante piena, incauto, interrotto solo dal sospiro che avverto tagliente sul petto come un battito clandestino, un grido di famelico oblio.
vorrei riuscire a dissolvermi nella bramosia rabbiosa della tua bocca . vorrei riempire il tuo calice di ardita a scintillante piena . vorrei appagare la distanza dei tuoi occhi e galleggiare fra le gocce di sudore che ondeggiano dalla tua fronte alla mia . vorrei…essere quella carne viva che non trova una scorciatoia per entrare in te .
vorrei essere quella divisione oscura che diventa follia intrecciata alle mani e poi alla lingua compiacente e ancora nella forma inesausta un pezzo di cartilagine incompleto vibrante come una corda tesa sul punto di spezzarsi . vorrei essere quel rischio che rumoreggia e nel silenzio della notte accorgermi che il desiderio di dissolvermi in te si completa con un riflusso di sangue .
ti incontro
in quell’altra sequenza
d’orma lasciata in conseguenza
silenziosa per non disturbare
in questo deserto di vita
Orma su Ombra aldilà dell’amore .
ti incontro
dove perdo ogni vincolo con la morale
e mi asseto con il tuo rito di seta
mentre ritorno poi alla luce
fin dove so di potermi perdere
e vincerti in un random di follia
come fa la natura
nella sua più esposta forma .
ti incontro
negli sbalzi del desiderio
chiamati a tecere
come in un atto di fede
mentre mi scivoli addosso
come un peccato che ne preclude la fine .
tuo è un corpo generoso
provoca vertigine [ senza gridare ]
assoluzione e condanna [ senza respirare ]
tuo è il colpo che merito
prima di morire
in questo esistere che mi condanna
alla sola immagine di carne .
Non ho nient’altro per sentirmi leggera se non questo cardiaco contrappeso che trasuda sufficiente pensiero mentre la voglia scevra d’equilibrio mi assale espiando ragioni oltre l’ingordigia affamata d’invidia . Non ho nient’altro per sentirmi profonda se non spicchi di Luna ad abbagliarmi l’idea di una verità che soffoca certezza mentre la punta più alta di un desiderio nascosto brama l’infinito sul palmo di una carezza .
Emotiva
sola nella tortura più atroce .
È sul disegno dei tuoi morsi
che si cela la mappa del mio esistere .
Non appartengo più
a questo sterminio emozionale .
Eri per l’anima l’impreciso colore
pezzi di derma da assemblare
fin dove il cuore sapeva affondare
il suo incarnato esemplare
fra sembianze occulte da annidare .
Eri il coraggio della mia reazione
un ibrido carnale
_una piena di passione
fin dove la notte in me
sapeva annegare .
Esile si fa la forma come la punta sottile di un’armonica luce . Eccentrica l’ombra ne segue la gloria come nel dirsi parole . …e si lascia scivolare nei granelli di derma in redenzione fermi sul confronto di una silente combustione che deraglia in clemenza esigente di un candido oblio reso fiero respiro .
Sono prossima all’impatto emozionale inconsapevole dell’intenzione blaterata d’insolente autenticità . Nel pieno della fierezza del mio essere ringrazio ogni aspettativa nutrita e mal goduta di questa carne entusiasta che si motiva di latranti rimorsi .
Ho chiesto continuamente la conversione della mia parola in dimora e Purgatorio . Un riprendermi in senno dei sensi sconfinati sull’andare intollerabile . Niente mi tiene al riparo da questa sconfinata morte , che sia per la carne , che sia per l’amore .
Ho chiesto di riempire i miei abbracci con polveri sepolcrali sensati , di fuoco ardente, di assolato dolore , di spine e candore . Niente mi tiene al riparo da questo limbo d’illusione se non la realtà oscura partecipante al mio sogno migliore , che sia rosso come la lacrima del cuore , che sia nero come l’inchiostro con cui scrissi il tuo nome .
irrompe il silenzio d’una forma che è uno spruzzo di luce accanto agli occhi ,nera come la seta di un travaglio passionale . si alterna la notte amplificando il giorno in un continuo emergere di abissi con un tempo che si svezza d’oltre in ogni senso concepito . ho le mani libere immerse a toccare quanto accade in questa distesa lucida di fiamme . le colpe sono fresche lenzuola fra i colpi compressi in una ragnatela di fiati che slacciano le parole libere senza voce . irrompe il silenzio in questo ristagno di sogno che veglia i fianchi ancora caldi mentre il nero accanto agli occhi offusca la certezza di un cuore che travasa battiti senza rimpianti mentre è ancora il giorno a clonare le ore silenziose di un amore ritrovato e perduto mentre senza rotta si perde continuamente la notte .
è un eterno sepolcro questo oscillare nella notte
un grido che si fa chiodo nella preghiera sospesa
nel disgusto dell’aurora mancante
sono una vittima terrena , un gelo .
mi svuoto ogni volta ma ritorno ammalata
di questo incombente dolore
di questa pelle nera che tracima pena
cenere nera , immediata nella colpa .
fra le mani ho nascosto un rituale
nel petto un requiem da dimenticare
nell’anima un rantolante oblio da adagiare
è un eterno sconfinare questo oscillare nella vita
una commozione che non appartiene al cuore
un intollerabile conseguenza che non fa altro che ripetersi
come lo sguardo rosso di un silenzio che si fa carne .
rimbomba nell’interiore un nome secondario
una equazione d’amore estrema che si esterna
sulla pelle arrancante e fragile , un gelo .
è un eterno purgatorio questo assolato cortile un trionfo di voci che uccidono , come le risa negli arpeggi di un delirio che condanna armonicamente come la salvezza mentre pulso ancora , immediata nella colpa .
il respiro si fa molle come nella debolezza del ripetersi di gemiti notturni l’aria nel suo ripetersi unge la pelle e le parole , spicciole , scindono sul tuo nome come sottane cucite addosso stropicciate dalle carezze esigenti sciolte come candele accese mentre i fianchi si espongono scorretti sulla curvatura esposta delle tue mani .
trema la ragione sotto la tua presa inarcata , arrendevole cede come in pace mentre la distrazione negli occhi ha vita breve come negli avanzi di richieste candide attenuanti nude che sanno di succo di mandorla a sovvenire con scivolosi agguati della lingua che insegna urli e rapide follie .
mi ritrovo in questo corpo stretto con la fretta d’un impaziente amore che taglia e annienta i gesti come argini nell’improvvisa debolezza che si fa bellezza ai tuoi occhi e riaffiora come natura nella sola idea che è di ogni cosa .
è cosi che riesco a narrarmi
attraverso te , senza contegno
celebrandomi all’inverosimile
come una gloria inesausta
una vittoria che rigenera ogni ferita
e ogni ferita che immancabile
accetta la sosta che trasformi in urgenza .
mi ritrovo nelle dimenticanze dei giorni in pensieri che devastano il palmo delle mani nel dopo delle carezze a cui ho dato il tuo nome dopo che al tuo nome ho donato fin oltre la fame contenuta del ventre che di donna si reinventa poesia