posandomi spoglia sull’alone inutile della memoria breve. nel ripormi come perimetro di luce assorbo l’assoluto di un giorno che si tramanda sulle palpebre asciutte senza profondità nello schiudersi.
ampia e scorrevole filtro la polvere sulla pelle grezza. soccombo al rifiuto del buio smorzato e corrotta nelle non più amabili vesti la mia ombra ellitica e sterminata conserva l’audacia che fu un tempo ghigno del cielo.
negli sconfinati giochi d’ampiezza in possibili labirinti. in isole di parole perdute e àncore lasciate andare. nella vaghezza del cercarsi nella tensione dell’amore, riemergendo ogni volta fra le rivelazioni dell’essenza, nel germinare come fuochi e poi congedarsi all’aria, Noi, nascosti dentro schegge di comete in spazi indefiniti, luci capovolte e misteriose dalle forme nuove, ci lasciamo andare fin dove d’inchiostro si scrive il mare, inabissati nella stessa voce orfani di maestrale.
_mentre la nebbia spezza la curva della notte e le parole si tengono strette al nero delle mie forme, si consuma fino al margine della pena il dolore e affondo nell’ultima destinazione che si fa ancora più buia nell’ora del suo ritorno. _e nel mentre torno sulle mie orme sfocate mi lascio assottigliare come ultima inclinazione dalla luna, e in essa nel limite del respiro annunciando fuochi e bagliori fino alla pronuncia esatta della mia lingua sparuta.
volevo renderti bianco un libro aperto , un’anima senza parola chiave .
volevo renderti la mia di parola nuda , disconosciuta , un ticchettio nelle ore ferme .
volevo renderti il mio mese preferito una risata capovolta , un’affinità senza fine . volevo renderti pace dopo la guerra , una persona combattente , vincente accanto alle mie guerre perse .
volevo renderti il mio muro del pianto , casa dalle finestre aperte , cortile con gli alberi sempre in fiore .
volevo renderti prezioso fra le cose smesse un respiro , un fiato appena , una briciola di vita , il verbo infinito nella bocca mia .
il silenzio è un Angelo fertile un pulpito che spaia il cielo e prepara al congedo questa mia giovinezza_ questo nastro di vita mite perso nella saggezza di una voluttà nobile che affievolisce e migra nella pena_
fra le selve arrugginite spuma fredda l’inquietudine nel modo più bello ch’io conosca nel silenzio a mulino d’una continua solitudine. non venirmi meno ora , cuore mio prega che il nero storno dell’anima mia s’accenda d’ombra , bruna di fuoco che mi s’adagia accanto e sul finire della fiamma più alta tienimi viva , ancora seppur spenta , a metà rivelata .
portami con te fino al mattino dove si sdraia la luce_ fra i monti e l’aria fischia con sgomento il tuo nome_ fra i campi come un fiorito rumore che diventa stupore_ …come fa l’amore portandosi via il tuo odore
Quando cala la notte , l’onda d’urto della solitudine arriva fino nel profondo . Buia e molle si fa la mancanza che ristagna fra le luci dense di una notte dalla Luna Calante .
ti intrecci ai rami di questa anima
come edera lontana da ogni sguardo
nutrendoti del mio sangue
che si fa mercurio
e arriva liquido fino alla cima
della volontà di tenebra .
mi svesti di ogni cartilagine di illogica tenerezza al margine di ogni altra imprevista mancanza come un commiato che segna la pausa dell’abbandono mentre nelle asimmetrie della Luna Calante sfuggono ai sospetti dei fianchi i tocchi della tua forma assente .
cambio la debordante visione del peso dall’anima
con questa carne inumidita dal tempo
non sono altro che un copione ripetuto a stento
uno spettro solitario
una collezione d’ossa visionarie
disperse a grappolo
sul riverbero di ogni memoria raccontata .
lascio che l’ingombro delle cose
prendano spazio e forma
fra i pensieri inesatti
fra le ombre a luci spente
fra le orme a piedi nudi
fra le membra asciutte e stanche .
la morale di questo esistere
continua a rinnegarmi sulla stessa rima del cuore
e chiedo scusa ancor prima di cadere
ripetutamente negli sbagli fraintesi
prima di incedere nuovamente senza palpito
fra le briciole di una pelle
che zampilla di sangue nutriente e niente .
irrompe il silenzio d’una forma che è uno spruzzo di luce accanto agli occhi ,nera come la seta di un travaglio passionale . si alterna la notte amplificando il giorno in un continuo emergere di abissi con un tempo che si svezza d’oltre in ogni senso concepito . ho le mani libere immerse a toccare quanto accade in questa distesa lucida di fiamme . le colpe sono fresche lenzuola fra i colpi compressi in una ragnatela di fiati che slacciano le parole libere senza voce . irrompe il silenzio in questo ristagno di sogno che veglia i fianchi ancora caldi mentre il nero accanto agli occhi offusca la certezza di un cuore che travasa battiti senza rimpianti mentre è ancora il giorno a clonare le ore silenziose di un amore ritrovato e perduto mentre senza rotta si perde continuamente la notte .
sembra sempre di essere ad un passo dalla fine
questo passo _sembra la fine
di un declino ipotecato _mai puntuale .
vivere sembra essere un viaggio per pochi
questo vivere _sembra per pochi
mentre lo stremo di una corsa arriva_frena .
capiterà di amarci tutti _come in una tregua
condannati alla sufficienza _poco comprensibile
capiterà che non saremo pronti
mutati in continuo squilibrio
scoloriti da una veglia esasperata
verdi di una natura non natura
ci riporteremo esausti su di una strada vuota
mentre il risveglio dei sensi sarà in bilico
fra ciò che è stato e che chiudendo gli occhi
scopriremo di non aver mai avuto
perchè vivere è un dono per tutti
farlo con umanità _per pochi
aggiungo la notte all’ avanzare di un’altra notte una selvatica conseguenza imperfetta un raccapricciante esigere di luna che specula la mia volontà oltre di buio , oltre ogni accadere mentre lascio le mani nude e l’anima esposta , a te .
aggiungo il tremore al battito del cuore
l’ossigeno dei discorsi fatti
e la lingua unta di ogni altro bacio mancato
mentre la possibilità del ricordo si lega
con un orlo d’amianto sulla superficie
piuttosto che alla memoria
fatta di verità diverse , le tue .
aggiungo il potere a questo vizio di perdere
il dominio alla cessata volontà
aggiungo il mio corpo al tuo
e in ogni lembo mi estraggo carne
viva e impudica
con una sola possibilità di sopravvivenza
che si emette dal tuo grido al mio pianto , per noi .
è un eterno sepolcro questo oscillare nella notte
un grido che si fa chiodo nella preghiera sospesa
nel disgusto dell’aurora mancante
sono una vittima terrena , un gelo .
mi svuoto ogni volta ma ritorno ammalata
di questo incombente dolore
di questa pelle nera che tracima pena
cenere nera , immediata nella colpa .
fra le mani ho nascosto un rituale
nel petto un requiem da dimenticare
nell’anima un rantolante oblio da adagiare
è un eterno sconfinare questo oscillare nella vita
una commozione che non appartiene al cuore
un intollerabile conseguenza che non fa altro che ripetersi
come lo sguardo rosso di un silenzio che si fa carne .
rimbomba nell’interiore un nome secondario
una equazione d’amore estrema che si esterna
sulla pelle arrancante e fragile , un gelo .
è un eterno purgatorio questo assolato cortile un trionfo di voci che uccidono , come le risa negli arpeggi di un delirio che condanna armonicamente come la salvezza mentre pulso ancora , immediata nella colpa .
Nient’altro racconta del mio amore se non questo raggio di luce sospeso che mi sfiora fin sopra la coppa del cuore e fa la conta dei pori aperti dei graffi intrusi dell’omelia delle mani .
Tutto è un sigillo sacrale che bacia le trame sdrucite estese in rapida ascesa fra le assenze rivestite in fretta mentre sappiamo che nient’altro racconta cosa siamo stati né le coincidenze negli schianti né le mie gambe accartocciate per gli affanni .